LA PET THERAPY - Nel 1953 uno psichiatra americano, Boris Levinson, intuì l’importanza della relazione con l’animale osservando la casuale interazione tra il proprio cane presente in studio ed un bambino con sindrome autistica. Levinson rimase colpito sia dalla naturalezza con cui il piccolo paziente si avvicinava al cane proiettando su di esso le proprie emozioni sia dalla piacevolezza che si veniva a creare in seduta con una conseguente ricaduta positiva sugli esiti della stessa. Ne seguì uno studio che lo portò a coniare l’oramai famosa definizione di Pet Therapy.
Da allora è stata percorsa molta strada anche se da noi il riconoscimento ufficiale della Pet Therapy all’interno del Servizio Sanitario Nazionale risale solamente al 2003 con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 febbraio. Tale decreto rappresenta un importante riconoscimento del valore dell’animale come sostegno alle terapie rivolte alle persone con disagio. Purtroppo in molti casi non è servito ad abbattere numerosi pregiudizi e vincoli pratici che tuttora impediscono l’ accesso dei quattrozampe in ospedali, case di riposo e istituti.
La definizione “Pet Therapy” oggi viene sostituita dal termine più appropriato “Terapie Assistite dall’Animale” (TAA) o da “Zooantropologia Assistenziale” (ZA). Tali definizioni rispecchiano maggiormente il ruolo di co-terapia dell’intervento dove un animale, generalmente il cane con specifici requisiti, è parte integrante della terapia già in essere. La seduta è condotta da un professionista nell’ambito dell’esercizio della propria professione con esperienza specifica nel campo. Egli nel corso dell’attività è sempre coadiuvato da una coppia cane-conduttore certificati.
Alle TAA si affiancano le Attività Assistite dall’Animale (AAA), interventi di tipo ricreativo con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita degli interessati e l’Educazione Assistita dall’Animale (EAA) o Zooantropologia Didattica (ZD), attività di tipo educativo rivolte perlopiù alle scolaresche.
Le TAA possono arrecare dei benefici, sempre in affiancamento ad altre forme di terapia, ad una moltitudine di soggetti: bambini e adulti con difficoltà relazionali, disturbi di personalità, anziani affetti da demenza in generale e nello specifico dal morbo di Alzheimer, malati terminali, persone con disordini dello sviluppo come i bambini autistici, quelli con deficit nell’attenzione e iperattività, nella sindrome di Down, nelle persone con disabilità fisiche e con tutte quelle patologie che possono portare a depressione ed isolamento, ad una scarsa cura di se, al ritiro emozionale e sociale.
Nella prescrizione delle attività bisogna tenere presente anche alcune controindicazioni quali ad esempio una fragilità nel sistema immunitario, allergie verso gli animali o zoofobie, la tendenza alla violenza, ipocondria.
In Italia si assiste ad una graduale espansione dell’uso di queste tecniche, ricercate talvolta un po’ per moda, forse, ma certamente richieste sempre con la consapevolezza del grande aiuto che il mondo animale può dare a quello umano.
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